La rigenerazione nello sport di elevata prestazione

Questo articolo è stato estratto dal numero di luglio-settembre 2012 di "Sds-Scuola dello sport".
Gli autori:
Oliver Faude, vice-direttore settore scienze dello sport, Istituto di sport e scienza dello sport, Università di Basilea;
Tim Meyer, direttore sanitario, Istituto di sport e medicina dello sport, Università della Saarland, Saarbrucken.

 

Nello sport d'elevata prestazione se si vuole restare ai vertici è necessario riuscire a tollerare carichi elevati sia di allenamento sia di gara. Si deve tenere conto, inoltre, che gli atleti di questo livello, oltre all'allenamento e alle gare sono sottoposti a numerosi altri fattori di stress, quali i viaggi, con i relativi cambiamenti di clima e di orario, gli impegni derivanti dagli interessi dei media, dai desideri degli sponsor e i conflitti sia nell'ambiente sportivo, sia nell'ambiente sociale e nella sfera privata. In molti sport la somma dei carichi di allenamento e di gara e degli altri fattori di stress hanno ormai raggiunto un livello tale da rendere difficile un ulteriore miglioramento delle capacità di prestazione unicamente attraverso il processo di allenamento. Per questa ragione, molti atleti e molti allenatori attribuiscono un elevato potenziale di miglioramento della capacità di prestazione al processo di rigenerazione successivo a gare impegnative e ad allenamenti di intensità elevata. Per questa ragione è sorprendente che - contrariamente a quanto avvenuto per l'allenamento - solo in questi ultimi anni la rigenerazione sia diventata sempre più oggetto di interesse scientifico. Le ragioni di ciò possono essere ricercate, da un lato, nel fatto che finora non esiste una definizione chiara e univoca di rigenerazione, e dall'altro nella mancanza di marker affidabili che permettano di valutare lo stato acuto di sollecitazione (stress) o di recupero. Malgrado questi due problemi restino ancora aperti, esiste, comunque, un'ampia offerta di misure di rigenerazione, ipoteticamente efficaci, che vengono pubblicizzate in parte in modo molto aggressivo da coloro che le propongono (o le producono), senza alcuna prova scientifica della loro efficacia (Meyer 2010). Questo articolo si propone per prima cosa di cercare di formulare una definizione del concetto dal punto di vista della medicina e della scienza dello sport. Passeremo, poi, a fornire un quadro dei possibili metodi che permettono di controllare sollecitazione e rigenerazione e della possibilità di utilizzarle nella prassi dello sport di elevata prestazione. Per finire discuteremo sia i metodi abituali di rigenerazione sia la loro legittimazione scientifica, in modo tale che se ne possano ricavare raccomandazioni per la pratica.

La rigenerazione: di cosa si tratta? Una definizione del concetto.

Nello sport di vertice un presupposto necessario per indurre quegli indispensabili adattamenti che permettono di ottenere prestazioni di altissimo livello è rappresentato da carichi intensivi di allenamento realizzati con l'opportuna frequenza. Oltre agli adattamenti che si vogliono ottenere, però, un allenamento intensivo comporta, inevitabilmente, una sollecitazione (stress) o uno stato di affaticamento dell'organismo, che esso tollera entro una certa misura. Così, ad esempio, nel quadro di un raduno di allenamento, si applicano intenzionalmente stimoli di allenamento di densità elevata allo scopo di preparare l'organismo a quanto gli richiederà in futuro la gara. Ciò provoca un aumento dell'affaticamento/sollecitazione, che, al termine del raduno potrà essere fatto regredire attraverso una fase di rigenerazione della durata di più giorni (cosiddetto "superallenamento funzionale" o "overreaching"). La prestazione sportiva attuale, quindi, mostra di essere una funzione dell'adattamento (positivo) o dell'affaticamento (negativo). Normalmente, la funzione di adattamento e più duratura di quella di affaticamento, per cui si può produrre un aumento della prestazione. Se i carichi di allenamento o di gara superano la capacità di carico dell'atleta o a essi si aggiungono ulteriori fattori di stress come viaggi, cambiamenti di fuso orario o di clima, permanenza in altitudine, infezioni o infortuni non curati completamente, si può produrre un "traboccamento" della funzione di affaticamento, e di conseguenza si produce un ristagno o un regresso della capacità di prestazione. Si tratta di uno stato spesso definito "super-allenamento non funzionale" e richiede una fase di rigenerazione che non dura più alcuni giorni, ma più settimane prima che si ristabilisca la normale capacità di prestazione. Nei casi estremi si può arrivare a una sindrome da superallenamento che può porre fine alla stagione o alla carriera dell'atleta se, ad esempio, questa sindrome si presenta continuamente. Poichè, per il momento, non esiste una definizione di validità generale di rigenerazione nelle condizioni specifiche dello sport (Kellmann 2002) e non sono chiari i meccanismi fisiologici che ne sono alla base (Bleakley, Davison 2009; Faude 2007), dal nostro punto di vista è opportuno scegliere una definizione pragmatica di questo concetto: per rigenerazione si può intendere una inversione dello stato di affaticamento/sollecitazione indotto dall'allenamento. I cambiamenti che sono associati all'affaticamento possono avere un decorso diverso che dipende dai diversi stimoli specifici di allenamento e richiedono tempi diversi e misure di ristabilimento anche esse diverse. Dal nostro punto di vista deve essere sottolineato che, oltre ai cambiamenti di natura fisiologica, anche i processi di natura psicologica svolgono un ruolo essenziale nell'affaticamento e nei processi di recupero (Kellmann 2002; 2010) e per questa ragione, sia nella pratica sia nella ricerca sullo sport, è raccomandabile un approccio interdisciplinare (Meyer 2010). Nella pratica dello sport di vertice un problema di rilevante importanza è rappresentato da un controllo sicuro e affidabile della sollecitazione e della rigenerazione tale da permettere che con il suo aiuto si possa determinare quale sia il bisogno di adeguati interventi di rigenerazione, diretti a impedire un eccessivo esaurimento e garantire così il successo dell'allenamento.

Quali sono le misure appropriate di rigenerazione?

Attualmente esiste un grande numero di presunte misure di rigenerazione, che spesso vengono proposte in modo molto aggressivo, mentre si è sviluppata una industria specializzata che mira a questo settore. Non è sempre facile distinguere le proposte serie da quelle inefficaci o addirittura potenzialmente pericolose. Nella scelta di misure appropriate di rigenerazione è utile scegliere un metodo basato su prove di efficacia (evidence-based), cioè limitarsi a quelle proposte la cui efficacia può essere provata da dati di ricerche scientifiche (Barnett 2006; Meyer 2010). Qui di seguito forniremo un panorama sui metodi usuali di rigenerazione e una valutazione delle prove scientifiche della loro efficacia. Nell'ambito di questo lavoro non sarà possibile trattare tutti i metodi di rigenerazione: per questa ragione ci limiteremo a quei metodi che sono rilevanti per la pratica o esaurientemente trattati dalla letteratura scientifica.

Dieta equilibrata e apporto di fluidi.

Una dieta equilibrata e un apporto adeguato di fluidi possono influenzare notevolmente la capacità di prestazione sportiva e offrire la possibilità di tollerare un allenamento intensivo per un lungo periodo di tempo (Achten 2004). I carboidrati, rappresentando la principale fonte di energia, sono estremamente importanti. E' necessario, quindi, che le riserve di carboidrati - ciò dipenderà dal carico attuale di allenamento - vengano ristabilite in misura tale da permettere che la successiva unità di allenamento possa essere realizzata con l'intensità voluta, tenendo conto però, sia del bisogno globale di energia, sia delle esigenze individuali e specifiche dello sport praticato. Un apporto adeguato di carboidrati è importante, soprattutto negli sport che presentano un adeguato dispendio energetico (sport di resistenza) e in periodi che prevedono elevati volumi di allenamento. Se sono programmate due unità di allenamento entro un periodo fino a 8 ore, la ricostituzione delle riserve di carboidrati deve iniziare immediatamente dopo il primo carico (Robson-Ansley et al. 2009). Quindi, all'interno delle prime quattro ore debbono essere assunti circa 1 gr. di carboidrati per kg di peso corporeo e per ora. Il modo più pratico è quello di ricorrere a spuntini o a bevande ricche di carboidrati. Se si dispone di un tempo maggiore tra due unità di allenamento, tipologia e momento del consumo di alimenti non presentano lo stesso livello di importanza. Deve essere ricordato che, anche se esistono prove che un allenamento in stato di deplezione delle riserve di glicogeno può incrementare l'efficacia di un allenamento della resistenza (Hawley et al. 2006), occorre una riflessione sul fatto che se questo genere di "manipolazione" dell'allenamento viene utilizzata troppo frequentemente esiste anche il rischio che si producano un accumulo di fatica o una rigenerazione insufficienti. Il ristabilimento delle riserve di carboidrati può essere aiutato dalle proteine (Hawley et al. 2006). Ciò può essere importante se la possibilità di un'assunzione adeguata di carboidrati può essere limitata.
Altrimenti, le proteine sono importanti soprattutto per la costruzione delle strutture proteiche (cioè per gli adattamenti di allenamento) e meno per la rigenerazione. Per questa ragione è importante l'apporto netto di proteine, che migliora se esse vengono assunte combinate con i carboidrati in un tempo ravvicinato rispetto all'allenamento (nell'allenamento della forza ciò può avvenire anche prima di esso). Comunque, di regola (anche per i vegetariani) sono sufficienti le proteine che vengono assunte attraverso una dieta equilibrata, per cui non si è obbligati a ricorrere necessariamente a una integrazione attraverso preparati proteici. Lo stesso vale anche per l'apporto di micronutrienti attraverso integratori alimentari. Nel caso di una dieta isocalorica equilibrata, di regola, per agevolare la rigenerazione non è necessaria alcuna supplementazione, in particolare se si pensa a possibili effetti collaterali non voluti, come un peggioramento del sistema di difesa endogeno dell'organismo, e la contaminazione con sostanze doping (Geyer et al. 2004; Power et al. 2004). Le eccezioni possono essere rappresentate dalla diagnosi di stati di carenza (ad esempio di ferro) o da viaggi in aree nelle quali esiste una scelta limitata di nutrienti. Oltre al rifornimento di energia, un ruolo essenziale viene svolto dall'apporto di fluidi (Shirrefs et al. 2004). Una idratazione adeguata è importante per tutti gli atleti, compresi quelli che praticano sport di forza o di forza rapida. La formula aurea è che per ogni chilogrammo di peso corporeo che si perde in allenamento occorre consumare minimo 1,2 l di fluidi (Shirrefs et al. 2004). Ciò è particolarmente importante quando l'allenamento o le competizioni si svolgono con temperature ambientali e con umidità atmosferica elevate. Quando si suda molto si deve fare attenzione a un sufficiente apporto di sale (sodio), anche se di regola esso può essere assicurato dalla dieta. L'alcool prolunga la fase di rigenerazione, per cui, possibilmente, occorre evitarne il consumo (Shirrefs, Maughan 2006).

Applicazioni del freddo.

Negli ultimi anni per agevolare la rigenerazione si sono largamente diffuse le applicazioni del freddo (Bleakley, Davison 2009; Faude et al. 2010; Leeder 2011), nella maggior parte sotto forma di bagni (immersioni) in acqua ghiacciata. Una meta-analisi recente mostra che bagni di ghiaccio sono in grado di diminuire lo stress muscolare (valutato, ad esempio, attraverso la comparsa del dolore muscolare o attraverso la concentrazione di creatinchinasi nel sangue) come anche la diminuzione del rendimento (sia nel settore della forza rapida sia anche della resistenza) dopo carichi intensivi (Leeder et al. 2011). Tali esiti si possono prolungare per più giorni, quindi, in gare che durano da giorni ad alcune settimane (a esempio, Campionati mondiali di canottaggio o di canoa, tornei nei giochi sportivi, gare a tappe nel ciclismo) e che richiedono la massima prestazione a intervalli regolari, sono possibili effetti rilevanti per la prestazione sportiva (fino a circa il 5% in più rispetto alla rigenerazione puramente passiva). Deve essere notato, comunque, che gli studi che sono stati valutati nella meta-analisi in parte sono stati eseguiti su persone che non praticavano sport di alta prestazione.Inoltre, non erano state sufficientemente considerate le tipiche condizioni dello sport di prestazione. Un ulteriore studio (anche esso non condotto su atleti di alto livello) ha trovato persino minori adattamenti di allenamento dopo l'immersione in acqua fredda (Yamane et al. 2006). Probabilmente il freddo reprime i processi infiammatori e i meccanismi di riparazione necessari per gli adattamenti. Per questa ragione, per il momento non sarebbe possibile consigliarne l'utilizzazione regolare durante le fasi intensive di allenamento. A questo punto, infatti, vi è necessità urgente di un ulteriore chiarimento scientifico. Un metodo che viene utilizzato attualmente è anche l'impiego di camere del freddo, con temperature fino a oltre -100° gradi Celsius. Per il momento esistono solo due studi che hanno indagato l'effetto di una camera del freddo sul recupero della capacità di prestazione sportiva. Mentre in una ricerca recente sono stati osservati effetti positivi della camera del freddo sul recupero della massima estrinsecazione di forza degli estensori della gamba (Hausswirth et al. 2011), altri Autori (Costello et al. 2011) non sono riusciti a trovare alcun effetto positivo rispetto a una condizione di controllo.
In queste ultime ricerche citate, la terapia del freddo è stata applicata, però, solo 24 ore dopo un carico eccentrico intensivo degli estensori della gamba. Si tratta di una prassi che solo con cautela può essere interpretata come una indicazione rilevante a livello pratico, perchè, se possibile, il freddo dovrebbe essere utilizzato immediatamente dopo carichi intensivi. Se si tiene conto della scarsità di evidenze è auspicabile che siano realizzate ulteriori ricerche scientifiche. Infatti, già sono stati riferiti effetti collaterali indesiderati (ad esempio lieve bronco costrizione) a seguito di una sua utilizzazione cronica nello sport di elevata prestazione (Smolander et al. 2006). Per questa ragione, per il momento, non è consigliabile un largo impiego del freddo senza una adeguata riflessione. Le camere del freddo sono relativamente costose (acquisto e manutenzione) e il loro impiego è legato ad un luogo fisso. Se si tiene conto dei dati scientifici disponibili e di considerazioni di natura economica, per il momento, la soluzione più praticabile nello sport di elevata prestazione sembrano essere i bagni in acqua fredda.

Metodi attivi di rigenerazione.

Nella pratica molto spesso si possono osservare metodi attivi di rigenerazione, ad esempio la "corsa di defaticamento", attraverso la quale rispetto a un recupero puramente passivo si accelera lo smaltimento del lattato dopo carichi di intensità elevata. La sua importanza nel processo di rigenerazione a lungo termine presumibilmente potrebbe essere trascurabile (Barnett 2006). I risultati degli studi sull'effetto acuto del recupero attivo sulla capacità di lavoro, tuttavia, non sono univoci (Coffeyu et al. 2004; Greenwood et al. 2008). Inoltre esiste il rischio che, attraverso una attività di corsa di defaticamento successiva a carichi di intensità elevata, possa essere compromessa la risintesi del glicogeno (Barnett 2006; Robson-Ansley et al. 2009). Dopo fasi intensive di allenamento come misure di rigenerazione si ricorre anche a periodi di più giorni di recupero attivo con intensità scarse. Si è visto, ad esempio, che in questo modo si possono eliminare diversi cambiamenti di natura ormonale e immunologica che possono essere ricondotti all'affaticamento indotto dall'allenamento (Faude et al. 2009; Meyer et al. 2004). Occorre però fare attenzione a scegliere, insieme a una bassa intensità, un volume scarso di allenamento. Per il momento, però, non è possibile rispondere in modo definitivo alla domanda fino a che punto una simile fase attiva di rigenerazione sia superiore in misura rilevante a un recupero solamente passivo.

Ulteriori misure che sostengono la rigenerazione.

Altre misure che si utilizzano nello sport di elevata competizione, in quanto si suppone che possano facilitare la rigenerazione, sono rappresentate dall'abbigliamento compressivo, dall'elettrostimolazione, dallo stretching o dai massaggi. Per quanto riguarda la compressione sono stati riferiti effetti positivi (Chatard 2004) sulla capacità di prestazione di atleti di 63 anni di età, ma la possibilità di trasferire questi risultati allo sport di prestazione è discutibile (Barnett 2006). Esistono, inoltre, dati secondo i quali con la compressione possono essere minimizzati danni e traumi muscolari dopo carichi di intensità elevate e sport di contatto (Gill et al. 2006; Kraemer et al. 2001). Per quanto riguarda le altre misure fino ad oggi non esistono dati convincenti che ne giustifichino l'utilizzazione come misure efficaci di rigenerazione (Barnett 2006; Robson-Ansley et al. 2009). Alle volte si incontrano strategie farmacologiche di rigenerazione, soprattutto attraverso la somministrazione di farmaci antiflogistici non steroidei (ad esempio, acido acetilsalicilico/Aspirina, Ibuprofene, Paracetamolo, Diflofenac), poichè non soltanto svolgono un'azione di soppressione del dolore ma, anche, antiinfiammatoria. I dati scientifici per quanto ne riguarda gli effetti sulla capacità di prestazione sportiva sono eterogenei (Barnett 2006). Inoltre, sussiste il rischio di effetti collaterali indesiderati, specie se il loro uso è frequente e/o cronico. In molti studi condotti su animali si è osservato che è possibile che possano essere inibiti adattamenti di allenamento (Bondesen et al. 2004; Soltow et al. 2006). Per questa ragione sarebbe necessario evitare una utilizzazione di tali farmaci senza loro prescrizione medica. Una insufficienza prolungata di sonno, con i cambiamenti ormonali e immunologici che ne sono una conseguenza, possono produrre effetti negativi sulla capacità di prestazione fisica, la qualità dell'allenamento e lo stato generale di benessere (Halson 2008; Robson-Ansley et al. 2009). Inoltre, sono stati riferiti disturbi del sonno nello stato di superallenamento. Si suppone perciò che il sonno svolga un ruolo essenziale nel recupero della preparazione ai carichi di gara o durante essa. Se ci si chiede quale sia la quantità sufficiente di sonno e cosa sia un sonno di buona qualità non è possibile ottenere una risposta di carattere generale perchè il sonno deve essere considerato qualcosa di molto individuale (Halson 2008; Robson-Ansley et al. 2009). Come raccomandazione generale, però, si può affermare che si deve dormire in misura tale da sentirsi ben svegli durante la giornata. Ciò non è sempre possibile, ad esempio durante viaggi che comprendono variazioni di fuso orario o altri generi di condizioni esterne, e le singole persone sono soggette a problemi di sonno (Halson 2008). In questi casi possono essere utili brevi pause di sonno (sonnellini di durata fino a 30 minuti) durante la giornata. Perciò un compito importante per gli allenatori, gli atleti e coloro che li assistono è rappresentato dalla scelta di camere o alberghi situati in ambienti adatti anche per quanto riguarda una buona qualità di sonno (Robson-Ansley et al. 2009).

Conclusioni finali e consigli per la pratica basati su prove di efficacia.

Per riassumere si può affermare che, per il momento, la situazione dei dati scientifici sul tema della rigenerazione è molto scarsa. Ad esempio, esiste una necessità urgente di ricerche che riguarda i modelli (psico-fisiologici) di spiegazione dei processi di recupero, tali da rendere possibile una definizione della rigenerazione dal punto di vista teorico e fisiologico. Quando vi sarà una profonda comprensione del meccanismo d'azione che si trova alla base della rigenerazione, probabilmente sarà possibile controllare in modo attendibile il recupero durante il processo di allenamento, anche su base individuale. Un ulteriore grande necessità di studi di elevato valore qualitativo riguarda tutto l'aspetto delle misure di rigenerazione che possono essere integrate in maniera adeguata nel processo di allenamento dello sport di elevata prestazione. Per quanto riguarda la pratica occorre stare attenti a fare in modo che non venga accettata e provata ogni proposta che promette una rapida rigenerazione, poichè vi può essere sempre il pericolo di effetti (collaterali) indesiderati o di peggioramenti della prestazione. Anche in questo caso una responsabilità particolare spetta all'ambiente che ruota intorno agli atleti, agli allenatori, ai medici, ai ricercatori scientifici e ai fisioterapisti. Le misure di rigenerazione si debbono basare su dati scientifici sicuri. Se si considera che la pratica, giustamente, pone di continuo l'esigenza che abbiano rilevanza solo i dati ottenuti da ricerche su atleti di elevata qualificazione, allora occorre sottolineare che, se si vuole consentire un ulteriore progresso nel processo di allenamento che assuma la forma di un input innovativo, deve essere consentita questa ricerca qualitativamente elevata con gli atleti e su gli atleti. Ciò vale non soltanto per il settore della rigenerazione ed è una richiesta da porre ad allenatori e atleti. Ciò potrebbe fare in modo che sia più difficile che la scena sia occupata da "guru" che hanno scopi puramente commerciali. Per concludere, in base allo stato attuale delle nostre conoscenze si possono formulare queste raccomandazioni per la pratica: il controllo della sollecitazione e della rigenerazione, oltre che dalle impressioni e dalle esperienze soggettive delle persone interessate, dovrebbe essere completato dall'utilizzazione finalizzata di parametri oggettivi e rilevanti per la pratica (secondo le procedure precedentemente descritte). Una valutazione relativamente affidabile è già possibile sulla base di un gruppo (rilevante, ad esempio, negli sport di squadra), mentre i risultati su base individuale dovrebbero essere interpretati con una opportuna cautela, perchè limitazioni del volume e dell'intensità decise in base alla diagnosi di un bisogno di rigenerazione rappresentano interruzioni rilevanti nel processo di allenamento che possono ostacolare uno sviluppo a lungo termine della prestazione. Per quanto riguarda le misure dirette a sostenere la rigenerazione, se si tiene conto del patrimonio attuale di dati scientifici (relativamente insoddisfacente) del quale disponiamo, si dovrebbe procedere con cautela. Per il momento, una alimentazione adeguata, applicazioni di freddo (se volute e accettate individualmente), un recupero attivo (ad esempio, corsa di defaticamento) di volume e intensità scarsi e una quantità sufficiente di sonno, accanto a una pianificazione individuale preventiva (periodizzazione proattiva) e una documentazione adeguata dell'allenamento, sembrano essere le possibilità più adeguate a sostenere il processo di recupero e, quindi, anche a garantire la qualità delle necessarie fasi intensive di allenamento. I processi di rigenerazione richiedono tempo e quei "mezzi miracolosi" che promettono una rigenerazione (straordinariamente) rapida, a meno che non vi sia una evidenza scientifica incontestabile dovrebbero essere presi in considerazione con estrema cautela. Occorre, infatti, sempre tenere conto della possibilità di effetti collaterali, di peggioramenti della prestazione e di potenziali conflitti con le attuali regole anti-doping.

Traduzione dal tedesco di Mario Gulinelli (coordinatore di redazione "Sds") da Leistungssport, 3, 2012.
Titolo originale: Regeneration in Leistungssport.

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